In questi anni ho tenuto numerose formazioni per docenti. Spesso però la sensazione è quella di una corsa veloce: si lavora intensamente con i corsisti, si condividono strumenti, si aprono possibilità… ma poi il corso finisce, la quotidianità riprende il suo ritmo e tutto quel sapere rischia di restare sospeso, senza radicarsi davvero nella pratica. Eppure una formazione autentica dovrebbe fare proprio questo: aiutare a costruire competenze profonde, rendere gli strumenti operativi, accompagnare i docenti nel tempo, fino a trasformare ciò che si è imparato in una nuova modalità di pensare, progettare e agire in classe.
Per questo motivo, quando mi sono stati proposti ben due percorsi su Intelligenza Artificiale e didattica, nella mia nuova scuola dove presto servizio nel corrente anno scolastico, ho fatto una scelta precisa: mettermi a disposizione dei colleghi oltre il tempo formale del corso. Non come esperta che arriva, mostra e se ne va, ma come risorsa interna, presente, raggiungibile. Perché è proprio lì, nel dopo, che si gioca la vera partita della formazione. Quando finiscono le slide e inizia il lunedì mattina. Quando l’entusiasmo deve trasformarsi in gesto quotidiano.
Ne ho avuto una significativa conferma grazie a Michela Giorgini, collega di sostegno della mia scuola, l’IC De Filis di Terni. Dopo il percorso formativo, Michela, usando Canvas di Gemini, ha creato un’applicazione interattiva dedicata al Tirocinio TFA Sostegno: uno strumento che raccoglie e visualizza le attività, gli obiettivi e le competenze chiave del percorso formativo per diventare insegnante di sostegno.
Puoi esplorare l’applicazione qui: https://gemini.google.com/share/3c4a8c3e1537
Non è un esercizio tecnico, ma un atto di consapevolezza pedagogica: un modo per mettere ordine, dare senso, costruire un linguaggio condiviso tra teoria e pratica. Gli strumenti di intelligenza artificiale hanno reso più fluido il lavoro di progettazione, ma il vero valore sta nella mente critica e creativa che li ha utilizzati.
L’intelligenza artificiale e la vera innovazione
Ancora una volta si evidenzia come gli strumenti di intelligenza artificiale siano già parte del presente, e soprattutto come possano diventare risorse concrete nelle mani di un docente consapevole.
Non parliamo di magie o di soluzioni automatiche, ma di strumenti che ci aiutano davvero a gestire informazioni complesse e personalizzare percorsi di apprendimento. Il punto, però, non è l’IA in sé: è la competenza del docente che la utilizza.
Saper riconoscere quando un problema può essere affrontato con l’intelligenza artificiale, scegliere lo strumento e l’approccio giusto, progettare con autonomia e valutare criticamente i risultati: è qui che si gioca la vera sfida.
L’IA non sostituisce il pensiero educativo ma lo amplifica, se sappiamo usarla con consapevolezza e visione.
Fare sistema: cosa cambia
Il progetto di Michela Giorgini racconta una storia diversa dalla formazione tradizionale. La sua applicazione interattiva non è solo uno strumento prezioso, ma la prova concreta di un sistema che funziona, dove la formazione genera un cambiamento duraturo.
Questo approccio dimostra come:
I Docenti Diventano Autonomi e Creativi: Il cambiamento nel modello formativo rende i colleghi capaci di innovare la propria pratica in modo sostenibile, diventando a loro volta generatori di soluzioni.
La Formazione non si esaurisce nell’evento: essere presente e disponibile oltre il tempo formale del corso permette di sostenere i docenti nel passaggio dalla teoria alla pratica quotidiana.
Si Costruiscono Competenze: Il mio ruolo non è stato fornire soluzioni pronte, ma aiutare a sviluppare un metodo. Quando Michela ha avuto l’idea per il suo progetto, aveva già gli strumenti concettuali per realizzarla autonomamente.
Oltre la formazione “spot”
La formazione spot, quella fatta di eventi isolati, tre ore di workshop, una carrellata di app, qualche “wow effect”, semplicemente non funziona. Poi ognuno torna alla propria classe con un attestato e poche competenze realmente spendibili. Questo approccio fallisce perché mostra soluzioni senza costruire capacità, non prevede accompagnamento, confonde lo strumento con la competenza e soprattutto non fa sistema. Il risultato? Dopo poche settimane si torna alle stesse modalità operative di prima.
Dobbiamo ripensare la formazione come formazione significativa e profonda: un processo che costruisce competenze durature, che accompagna nel tempo, che rende gli strumenti parte integrante della riflessione pedagogica quotidiana. Non un evento da consumare, ma un percorso da abitare.
Conclusioni
È questa la direzione in cui credo: una formazione che non si limita ad un momento circoscritto, ma che resta; che accompagna invece di mostrare; che coltiva cambiamento sistemico.
E ogni volta che un’insegnante trasforma ciò che ha appreso in un progetto concreto, la formazione diventa trasformazione. Silenziosa, ma reale. E profondamente generativa.
Forse questo dovrebbe essere il vero criterio per valutare l’efficacia di ogni percorso formativo: non il numero di attestati consegnati, ma quanti insegnanti hanno trasformato la loro quotidianità, diventando a loro volta motori di innovazione.

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